
Il Castello Ursino
Costruito da Federico II di Svevia nel XIII secolo, il Castello Ursino ha avuto una certa visibilità nel corso dei secoli. Usato come maniero, sede del parlamento e la residenza dei sovrani siciliani.
Si ipotizza che dove sorge l' edificio attuale, una volta fosse presente una torre di età normanna, la Torre di Don Lorenzo, ma di essa non resta alcuna traccia, per cui gli studiosi tendono a ipotizzare una preesistenza normanna sul sito del castello Ursino. Sul sito è testimoniato invece, uno dei nuclei più antichi dell' abitato catanese, risalente alla prima fase abitativa della polis greca di Katane.
Costruzione
Gli studiosi tramite il castrum menzionato nella lettera indirizzata da Federico II al suo architetto, Riccardo da Lentini, ipotizzano che il cantiere nel 1239 doveva ancora avviarsi.
L' imperatore molto probabilmente aveva pensato la fortezza all' interno di un complesso sistema difensivo delle coste della Sicilia orientale (così come il Castello Maniace di Siracusa) e come simbolo dell' autorità e del potere imperiale svevo in città.
Il castello sarebbe stato costruito sulla riva del mare proprio per volontà di Federico II e il nome "Ursino" deriverebbe da Castrum Sinus cioè il "Castello del golfo".
Dimore
Alcuni dei momenti più importanti della guerra del Vespro si vissero all' interno del castello.
Nel '295 vi si riunì il Parlamento Siciliano, che dichiarò decaduto Giacomo II ed elesse Federico II come re di Sicilia.
L' anno successivo Roberto d' Angiò si impadronì della fortezza, per essere espugnato nuovamente dagli aragonesi. Re Federico vi abitò dal 1296, facendone la corte aragonese.
Nel 1337 la sala dei Parlamenti diventò anche la Camera ardente per la salma del re Federico III.
Nel 1347 dentro le mura venne firmata la Pace di Catania tra Giovanni di Randazzo e Giovanni d' Angiò.
Il Castello Ursino ospitò tutti i discendenti di re Federico III fino al 1415 con la regina Bianca d' Evreux di origine normanna ma ereditaria del regno di Navarra, moglie di Martino I di Sicilia.
Il re Martino I nel 1405 fece sgomberare lo spazio intorno al castello, occupato dalle casupole e dalla città e il convento di San Domenico (costruito nel 1313), per ricavare una piazza d' armi.
Il 25 Maggio del 1416 nella sala dei Parlamenti, Alfonso il Magnanimo vi riunì i baroni e i prelati dell' isola per il giuramento di fedeltà al Sovrano e fino al 30 agosto vi si svolsero gli ultimi atti della vita politica con Catania ancora capitale del regno.
Nel 1434 re Alfonso firmò nel castello l' atto con cui concedeva la fondazione dell' Università degli Studi di Catania.
Dal XVI secolo in poi, con l' introduzione della polvere da sparo, il castello vide indebolito il suo ruolo militare, diventando temporaneamente dimora dei viceré e del castellano, ed una parte di esso fu adibito a prigione.
In questo periodo con la reggenza di Carlo V, il castello entrò a far parte del sistema difensivo civico, sul lato sud venne costruito il Bastione di San Giorgio e sul lato nord-est il Bastione di Santa Croce, mentre al suo interno vengono eseguite alcune modifiche in stile rinascimentale. In seguito venne dotato anche di un ponte levatoio.
L' 11 Marzo 1669 una frattura sopra Nicolosi segna una imponente eruzione vulcanica, che dopo aver distrutto ciò che incontrò nel suo cammino, giunse alle mura della città, riuscendo a superare da nord-ovest (vicino al Monastero dei Benedettini di San Nicolò l' Arena), per poi dirigersi verso il Bastione di San Giorgio.
Arrivò attorno al castello il 16 Aprile colmando il fossato, coprendo i bastioni e spostando per alcune centinaia di metri la costa.
Successivamente anche il terremoto del 1693 provocò una serie di danni alle strutture, compromettendone definitivamente l' uso militare.
Una volta restaurato, continuò ad ospitare guarnigioni militari, prima piemontesi e poi borboniche, assumendo anche il nome di "Forte Ferdinandeo".
Restò una prigione fino al 1838, quando i Borboni vi aggiunsero nuove fabbriche che ne occultarono sempre più l' origine sveva.
Nel 1932 viene acquistato dal comune di Catania e sottoposto a radicali restauri, ripristinando la struttura sveva, e dal 20 Ottobre 1934 ospita il museo civico di Catania. Conservando ed esponendo principalmente la collezione Biscari e dei Benedettini.
Nel 1980, le Poste Italiane dedicarono al Castello Ursino un francobollo da 40 lire, facente parte della raccolta dei "Castelli d' Italia".
Architettura
Il castello è a pianta quadrata, con ogni lato che misura 50 metri. I quattro angoli sono dotati di torrioni circolari con diametro di circa 10 metri e alti 30 metri, mentre le due torri mediane (in origine erano quattro, ma ne sono sopravvissute due) hanno un diametro di circa 7 metri.
Le mura realizzate con pietrame lavico hanno uno spessore di 2.50 metri.
Originariamente il castello presentava alle basi delle scarpate che lo slanciavano, conferendogli un aspetto molto imponente.
Le scarpate sono visibili nel fossato del lato sud del castello, grazie agli ultimi scavi effettuati.
Molto probabilmente nel progetto originale della struttura non era prevista una merlatura (molto rara nei castelli federiciani), ma le successive modifiche e ricostruzioni, ne hanno visto l' inserimento.
Il lato settentrionale, che è quello principale ed è ben conservato, presenta quattro finestre (in origine non erano presenti per renderlo meno vulnerabile agli attacchi nemici) ed era l' entrata principale del castello, difeso da un ponte levatoio e da mura difensive i cui resti sono visibili nel fossato di fronte l' ingresso.
Il lato sud vide la rimozione della torre mediana e di molte finestre aperte nel tempo.
Qui è presente una porta secondaria, la "porta falsa" che grazie ad uno scivolo, conduceva all' imbarcadero a mare ricavato oltre il bastione.
Le diverse modifiche e la colata del 1669 purtroppo non consentono di stabilire se fossero previste mura urbiche che separassero il maniero dalla spiaggia.
Anche nel lasto est è stata rimossa la semi torre centrale, ma presenta una meravigliosa finestra rinascimentale con un pentalfa in pietra lavica nera.
I moderni lavori di restauro hanno portato alla luce parte dei bastioni cinquecenteschi, una garitta ben conservata e gli originari basamenti a scarpa che rendono l' originaria maestrosità delle torri angolari del castello.
L' ingresso si trova nel prospetto nord, nella cui parte superiore si trova una nicchia con una scultura di un' aquila sveva, simbolo del portere di Federico II, che afferra una lepre (erroremente scambiata per agnello).
Quest' ingresso venne occultato da una torretta semicilindrica aperta sul lato occidentale a baionetta di cui oggi resta soltanto il muro di fondazione.
La prigione
Per tutto il periodo in cui il castello fu adibito a carcere vennero apportate notevoli modifiche strutturali, dato che il maniero federiciano non aveva un numero elevato di celle.
Le grandi sale del piano terra furono suddivise da nuovi muri e solai, creando piccole celle, oscurate e infestate da topi, scorpioni e tarantole, in cui i prigionieri stavano come anime dannate.
Sulle mura e sugli stipiti di porte e finestre di tutto il piano terra si trovano centinaia di graffiti realizzati negli anni dai prigionieri suddivisi in disegni e iscrizioni.
La più antica iscrizione è del 1668, firmata F.co S.do:
Originale | Traduzione |
Chistu è un locu miseru e infelici locu di crudeltà di vita amara cha si cuntempla cha si parra e dici e cha di scuntintizza si va a gara. Cha si fanu cuntenti li nimici cha pari a cui furtuna no ripara, a stu locu si provanu l’amici e a stu locu si imprindi e s’impara | Questo è un luogo misero e infelice luogo di crudeltà di vita amara qua si contempla qua si parla e dice e qua di infelicità si va a gara. Qua si fanno contenti i nemici qua compare chi non ha fortuna, in questo luogo si provano gli amici e in questo luogo si apprende e s’impara. |
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