
Anfiteatro romano
L' anfiteatro romano di Catania popolarmente chiamato anche "Catania Vecchia", di cui è visibile solo una piccola sezione nella parte occidentale della Piazza Stesicoro ai margini settentrionali della città antica, a ridosso della Collina Montevergine che ospitava il nucleo principale dell' abitato. La zona dove sorge, ora parte del centro storico della città, in passato era adibita a necropoli. Esso fa parte del Parco archeologico greco-romano di Catania.
Appare evidente un ampliamento datato intorno al III secolo che ne triplicò di fatto le dimensioni.
Il grandioso monumento romano, secondo per grandezza solo al Colosseo, dovrebbe avere una circonferenza esterna di circa 300 metri, e si è calcolato che potesse contenere 15.000 spettatori seduti e quasi il doppio di quella cifra con l' aggiunta di impalcature lignee per gli spettatori in piedi.
L'edificio presentava la pianta di forma ellittica, l' arena misurava un diametro maggiore di 70 metri ed uno minore di circa 50 metri.
Era probabilmente prevista anche una copertura con grandi teli per il riparo dal forte sole o nel caso di pioggia. La cavea presentava 14 gradoni.
L' Anfiteatro di Catania è strutturalmente il più complesso degli anfiteatri siciliani e il più grande in Sicilia realizzato con la nera pietra lavica dell' Etna, e rivestito da marmo bianco. Appartiene al gruppo delle grandi fabbriche quali il Colosseo, l' Anfiteatro di Capua, l' Arena di Verona.
La data di costruzione è incerta: si presuppone che sia stato completato durante il II secolo d.C. poiché il tipo di architettura fa propendere per l' epoca tra gli imperatori Adriano e Antonino Pio
È certo, invece, come attestano gli storici, che già al tempo di Teodorico (494 – 526 d.C.) l' anfiteatro era in stato d' abbandono, e che i catanesi chiesero all' imperatore il permesso di utilizzarne le pietre come materiale di costruzione.
Secondo alcuni autori, nell' XI secolo anche Ruggero II di Sicilia ne trasse ulteriori materiali per la costruzione della Cattedrale di Sant' Agata, tra cui le colonne in granito grigio che decorano il prospetto e le absidi, su cui si riconoscerebbero ancora le pietre perfettamente tagliate usate, forse, anche nel Castello Ursino.
Dopo il terremoto del 1693 fu definitivamente sepolto, per poi essere trasformato in piazza d'armi. In seguito vennero sfruttati gli estradossi delle gallerie superstiti come fondamenta per le nuove abitazioni, nonché per la facciata neoclassica della Chiesa di San Biagio.
Dalla seconda metà del XVIII secolo l' anfiteatro fu oggetto di scavi archeologici, che tuttavia non ne preservarono gli ambienti ormai ipogei: i fornici vennero murati e sfruttati come pozzi neri per i palazzi della città.
I lavori per riportarne alla luce parte dei resti, visibili da Piazza Stesicoro, furono avviati nel 1903 per volere del sindaco Giuseppe De Felice.
Fino al 2007 era possibile vederne una porzione del secondo piano da Via del Colosseo; oggi è interamente coperto dal nuovo terrazzo di Villa Cerami (sede della Facoltà di Giurisprudenza dell' Università degli Studi di Catania) è ancora possibile vedere parte del sistema d' archi che collegava l' Anfiteatro alla collina Montevergine.
La restante parte dell' anfiteatro è ancora interrata sotto le zone di Via Neve, Via Manzoni e Via Penninello.
Allo scavo dell' Anfiteatro si accede mediante una porta di ferro decorata ad archetti traforati nel registro superiore e totalmente liscio nel registro inferiore.
A decorazione del portone metallico vennero recuperati nel 1906 alcuni frammenti di colonne marmoree che in origine dovevano costituire parte del loggiato superiore, due capitelli ionici frammentari e parte di un architrave su cui fu incisa la scritta "AMPHITHEATRVM INSIGNE".
L' ingresso è così formato: al centro il portone metallico i cui stipiti sono le colonne con capitello, coronato dall' architrave; le restanti due colonne sono situate nelle due estremità laterali e inserite tra queste e quelle centrali vi sono due pareti in pietra recanti gli epitaffi simbolici di due illustri personaggi di epoca greca legati a questa zona: Caronda a sinistra, ricordato anche dall' omonima via; Stesicoro a destra, che diede nome in antico alla Via Etnea (Via Stesicorea) composti dal poeta Mario Rapisardi.
La tradizione vuole che il sepolcro di costoro fosse propriamente nella zona prossima all' anfiteatro.
All' interno degli scavi è presente pure una scritta in rilievo in onore a Sant' Agata che nei pressi subì il famoso martirio: PER ME CIVITAS CATANENSIUM SUBLIMATUR A CHRISTO (Per mezzo mio la città dei Catanesi è innalzata a Cristo).
Un' altra leggenda vuole un gruppo di scolari in visita presso l'anfiteatro romano di Catania si sarebbe perso misteriosamente tra i suoi tunnel e non fu mai più ritrovato.
Lo studio condotto dall' IBAM CNR ha permesso la realizzazione del modello 3D virtuale dell’ Anfiteatro romano in tutta la sua complessità dando la possibilità di far conoscere e riscoprire il simbolo dell’antico passato della città etnea.
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